Una domenica pungente come le Vespe
Ci sono giorni in cui sento il bisogno di prendere un po’ d’aria fresca. Non parlo solo di respirare fuori dallo studio o di allontanarmi dalle incombenze quotidiane, ma di concedermi un momento in cui la fotografia torna a essere quello che mi ha spinto, anni fa, a prendere in mano una macchina fotografica: puro divertimento, curiosità, istinto. Non ricerca artistica, non progettualità raffinata, non la pressione di dover sempre produrre qualcosa di “alto”. Solo il piacere di guardare, ascoltare, cogliere.
La domenica appena trascorsa è stata una di queste occasioni. Ho partecipato, da spettatore e osservatore, a una tappa del campionato interregionale di gimkana in Puglia e Basilicata. Una disciplina di abilità che non conoscevo a fondo, ma che mi ha sorpreso per la sua energia contagiosa. Le protagoniste? Le Piaggio Vespa, in tutte le loro declinazioni, da quelle più recenti a quelle vissute dal tempo, e soprattutto le persone che le guidano con passione, sfidando curve e slalom con una leggerezza che ha quasi del giocoso.
Non ero il fotografo ufficiale dell’evento, e questo forse è stato il dettaglio più liberatorio: niente regole da seguire, nessun compito da assolvere, nessun incarico da rispettare. Solo io, la mia macchina fotografica, e un contesto nuovo in cui immergermi. È stato come tornare ragazzo, quando scattare significava esplorare senza dover rendere conto a nessuno. Ho osservato il tracciato, i piloti che si preparavano, la concentrazione nei loro occhi. Ho seguito con l’obiettivo le traiettorie improvvise, i cambi di direzione, le manovre precise.
La gimkana non è velocità pura come nelle corse su pista: è tecnica, è misura, è equilibrio. E per un fotografo significa inseguire il movimento senza mai perdere di vista il gesto. Ho scoperto che l’errore, in queste occasioni, non è un nemico: a volte una sfocatura racconta meglio della nitidezza la vibrazione di un momento, il passaggio improvviso, l’incertezza che si trasforma in dinamismo.
Intorno a me, il pubblico. Famiglie, appassionati, curiosi. Tutti accomunati da una cosa: il sorriso. L’atmosfera era leggera, conviviale, lontana anni luce dalla solennità di una mostra d’arte o dal silenzio sospeso di una galleria. Eppure, anche lì, tra il rombo dei motori e le curve tracciate a gesso, ho trovato materia fotografica. Non quella che finirà nei cataloghi o nelle esposizioni, ma quella che entra nel mio archivio personale dei ricordi, nel mio bagaglio di esperienze.
Questa domenica mi ha ricordato che la fotografia è un linguaggio che si adatta a tutto: può essere strumento di ricerca artistica, può diventare racconto documentario, ma può anche restare semplice gioco. E nel gioco c’è una verità che spesso dimentichiamo: non c’è bisogno di una finalità “alta” per dare valore a uno scatto. Basta che uno sguardo diventi memoria, che un momento resti inciso, anche solo per me.
Qualcuno potrebbe obiettare: cosa c’entra questo con la fotografia d’arte? Forse poco, forse molto. Dipende dal punto di vista. Io credo che esperienze così alimentino la parte più genuina dello sguardo creativo. È come fare stretching per l’occhio e per la mente: ci si sgranchisce, si esce dai propri schemi, si sperimentano ritmi e situazioni che normalmente non fanno parte del percorso artistico. E quando poi si torna a lavorare a progetti più strutturati, c’è qualcosa di nuovo, di fresco, che filtra anche lì.
Alla fine della giornata, rientrando a casa, mi sono accorto di quanto fosse stata preziosa questa parentesi. Una domenica pungente, come le Vespe che sfrecciavano sul tracciato. Pungente perché mi ha svegliato da un certo torpore, perché mi ha ricordato che la fotografia non è solo lavoro, riconoscimento, risultati. È anche — e soprattutto — libertà di sguardo, desiderio di esserci, di catturare attimi effimeri che non torneranno più.
Queste immagini forse non avranno un posto nelle mie collezioni ufficiali. Forse non diventeranno stampe, né finiranno su una parete. Ma sono il segno che ci sono stati dei momenti in cui ho vissuto la fotografia con leggerezza, con autenticità, con gioia. E questo, credo, valga quanto un portfolio.